TESTATA: LA REPUBBLICA
DATA DI PUBBLICAZIONE: 06.11.1992
EDIZIONE: NAZIONALE
SEZIONE: AFFARI & FINANZA
PAGINA: 1
AUTORE: Marcello De Cecco
SE POTESSI AVERE MILLE LIRE A MARCO
SOMMARIO
Un drastico abbassamento dei tassi farebbe salire il marco a mille lire. Seguirebbe un doppio regime dei titoli pubblici Lo Stato risparmierebbe almeno 40 mila miliardi all’ anno. Nello stesso tempo tornerebbero i capitali stranieri attirati dalle prospettive di rivalutazione della nostra moneta
GLI avvenimenti della seconda quindicina di settembre hanno messo in chiaro una serie di equivoci e fatto cadere parecchie illusioni rispetto alla coesione dell’ Europa di Maastricht. Il Presidente Amato ha riflettuto, al termine del vertice di Birmingham, con parole di consolante realismo rispetto proprio a tali equivoci e illusioni, che mostrano quella che sembra essere la convinzione che l’ Europa del futuro prossimo non si potrà costruire all’ ombra di un rinnovato accordo di cambio ‘ ferreo’ , e cioè che non si possa sperare nel passaggio rapido, auspicato dagli italiani alla conferenza di Roma, a una terza fase del sistema monetario europeo, amministrata dalle banche centrali riunite nell’ autorità monetaria europea. Se questo è un atteggiamento realistico, e non sembra possibile dubitarne, la strategia più indicata per il nostro paese nei prossimi anni deve ricondursi a quella adottata dalla Banca d’ Italia all’ inizio dello Sme, che consiste nella ricreazione, in termini effettivi, di una banda larga rispetto alla quotazione del marco, facendo scendere il medesimo, all’ inizio della nuova fase, a un livello di circa mille lire. TRE MOSSE PER FAR SCENDERE IL DEBITO POICHE’ l’ attuale risalita della lira ha avuto luogo, nel corso delle ultime settimane, senza interventi a sostegno (escludendo la recentissima lettera di persuasione morale del governatore Ciampi alle banche), ma addirittura in presenza di corpose diminuzioni dei tassi di interesse, la realizzazione di questo obiettivo di cambio potrà ragionevolmente ottenersi mediante una altrettanto corposa discesa ulteriore dei tassi di interesse. Questo potrà aver luogo se si darà corso ad una operazione sulla tassazione dei titoli di Stato che li sottoponga a un regime dualistico in tutto simile a quello adottato per la tassazione dei dividendi. In altre parole, si tratta di offrire ai portatori di titoli l’ alternativa tra due regimi di tassazione. Il primo vedrebbe i titoli restare al portatore ma offrire un tasso di tre punti superiore al tasso di inflazione al consumo, e su titoli di durata ventennale. Su di essi si pagherebbe l’ imposta attuale sugli interessi. Il secondo vedrebbe invece i titoli indicizzati ai tassi del mercato finanziario, quanto agli interessi, come sono quelli di oggi, e con le stesse scadenze dei Cct attuali, ma con nominatività e tassazione progressiva mediante inserimento nella dichiarazione dei redditi delle persone fisiche e giuridiche. Se il comportamento dei proprietari di azioni può esserci di guida, è probabile che una grande maggioranza dei proprietari di titoli di Stato scelga l’ anonimato, unito alla tassazione proporzionale e alla percezione di un tasso di interesse reale fisso. Portando con questa riforma il cambio a mille lire e il tasso medio sui titoli a valori assai più bassi di quelli attuali si otterrà un forte risparmio sulle spese per interessi, che sono la fonte prima di tutti gli attuali guai della finanza pubblica italiana. Non è azzardato calcolare tale risparmio in circa 40.000 miliardi l’ anno, restando su previsioni conservatrici. In più si potrà negoziare il rientro della lira nello Sme in condizioni di aspettative rivalutative, perché sarà nell’ interesse dei tedeschi e specialmente dei francesi riportare la lira in alto, come hanno fatto nel corso dell’ ultimo mese. La Francia ha accumulato nei nostri confronti un surplus commerciale, del tutto anomalo storicamente, ma che le è assolutamente essenziale. La caduta della lira mette tale surplus in fortissimo dubbio, quanto a durata nel tempo, quindi è possibile attendersi una politica francese tesa a contrastare la nostra svalutazione. Per i tedeschi il discorso è diverso. La Bundesbank ha già indicato in mille lire il cambio della lira che ritiene in equilibrio, se dobbiamo giudicare da quanto è avvenuto nella seconda metà di settembre. D’ altro canto la pressione delle merci italiane sul mercato tedesco e sui mercati europei dove fanno concorrenza a quelle tedesche si annuncia, in un periodo di vacche magre per l’ industria tedesca, assai forte. Quindi la Bundesbank tirerà da una parte e gli industriali tedeschi dall’ altra, e l’ effetto netto sul cambio della lira è incerto. Comunque vada, da un cambio a mille lire, ottenuto come si è proposto qui, si può solo risalire. Si tratta di riacquistare quella libertà di manovra che il nuovo Sme secondo Giuliano Amato richiede, e che ci sembra essere imposto dal nuovo assetto geopolitico dell’ Europa. La previsione per i prossimi sei mesi, al contrario di quello che alcuni analisti ritengono, è per tassi di interesse calanti a livello mondiale. La vittoria democratica nelle elezioni americane non comporterà tassi al rialzo negli Stati Uniti, perché le condizioni del sistema finanziario americano, e delle finanze delle famiglie americane, sono tali da imporre tassi bassi, e quindi un dollaro debole. Il dollaro forte può essere dettato solo da un precipitare della Russia in una situazione di anarchia o di cesarismo nazionalista, che faccia fuggire i capitali dalla Germania e dall’ Europa in generale. In mancanza di ciò, il programma di Clinton richiede tassi bassi e dollaro debole. Quanto alla Germania, l’ ex governatore Poehl ha dichiarato già un paio di mesi fa di attendersi una discesa dei tassi tedeschi a dicembre, quando essa sarà imposta dal peggioramento inequivocabile delle variabili reali dell’ economia tedesca. In questo clima finanziario, gli italiani hanno una occasione unica per mettere in ordine nella propria casa. Ciò richiede, è vero, decisioni coraggiose per la finanza pubblica, ed alcune di esse sono già state prese, anche se in maniera abbastanza caotica. Invece di perdersi in una diatriba sulle privatizzazioni che non sembra in nessun modo ispirarsi alla razionalizzazione industriale e sembra invece puntare tutto sulle consuete alchimie finanziarie, il governo italiano potrebbe impegnarsi nel negoziare il rientro della lira nello Sme da un livello di cambio realistico, ottenuto come risultato di una operazione sul debito pubblico, come quella qui sopra suggerita che, senza nulla confiscare e lasciando ai possessori di titoli la massima libertà, riporti il carico di interessi a un livello finalmente sostenibile. Un cambio a mille lire, e senza prospettive di inflazione, data la situazione dei prezzi delle materie prime e la quasi-politica dei redditi ottenuta dal nostro governo, convincerà i capitali stranieri e quelli italiani a tornare in Italia. Si ricostituiranno così anche le riserve valutarie, senza bisogno di ricorrere al prestito-capestro che il governo sta poco saggiamente negoziando con la Cee e senza ricorrere ad altrettanto pericolosi prestiti in valuta. Ricordiamoci che i secondi sono l’ ultima Thule della finanza sudamericana e che il primo è stato concordato dal governo greco, che poi lo ha abbandonato dopo la prima tranche, non essendo in grado di soddisfare le pesantissime condizioni di risanamento macroeconomico poste per l’ erogazione di ogni tranche ulteriore, a cadenza trimestrale. E’ sperabile che la classe dirigente italiana sappia attaccarsi a quest’ ancora che le permetterà di sopravvivere nel lungo periodo, invece di prendersi l’ ennesima boccata d’ ossigeno offerta dal calo dei tassi a livello mondiale, rimandando di solo qualche trimestre il redde rationem che non potrà, questa volta, che essere definitivo.