MANI VISIBILI
MANI VISIBILI è una collezione di brevi contributi video in cui esperti di varia natura raccontano una loro prospettiva sui mercati e le istituzioni essenziali al loro funzionamento. Le “mani visibili” sono i mezzi mobilitati dagli attori pubblici o privati, istituzionali o personali, per la realizzazione dei propri fini. I movimenti delle mani visibili sono il cuore della storia degli stati e dei mercati
LE GIORNATE DI ECONOMIAMARCELLO DE CECCO 2018
Sessione 1
in collaborazione con → RETHINKING ECONOMICS ITALIA
I cambiamenti strutturali e il mito della convergenza
di Lorenzo Cresti – Rethinking Economics Italia
La politica industriale, dopo decenni di rifiuto ideologico, sembra essere tornata al centro del dibattito, sia accademico che politico. Tuttavia, si tratta di un ritorno guidato dalle teorie convenzionali che ignorano l’importanza del manifatturiero, del cambiamento strutturale e di spiegare come effettivamente avviene il progresso tecnico.
La finanza e la democrazia
Gabriele Guzzi – Rethinking Economics Italia
La crescita dei mercati finanziari avvenuta negli ultimi 30 anni è stata favorita da diversi fattori, tra cui una politica monetaria accomodante e la deregolamentazione del mercato creditizio. Questa crescita però ha avuto drastiche conseguenze sull’uguaglianza e sulla crescita reale dei paesi avanzati, aumentando le disparità socio-economiche.
Innovazione, un processo cooperativo
Giuseppe Simone – Rethinking Economics Italia
Il processo innovativo si situa in un contesto istituzionale che ne influenza le peculiarità. In particolare, una breve analisi della situazione italiana, evidenzia che le imprese italiane sono incapaci a sviluppare relazioni cooperative su progetti innovativi ad alto valore aggiunto.
L’Italia tra cambiamento strutturale, scarsa innovazione e declino della produttività del lavoro
Pasquale Tridico – Unicersità Roma Tre
La deindustrializzazione in Italia è stata declinata in una transizione orientata verso servizi a scarso contenuto tecnologico (turismo, agroalimentare, alberghiero, ristorazione, servizi agli anziani) favorita da una leva sul costo e la flessibilità del lavoro che ha permesso guadagni di competitività di breve periodo ma ha contribuito ad una dinamica stagnante della produttività del lavoro negli ultimi decenni.
Sessione 2
Marcello de Cecco: storia e politica economica
Roberto Artoni – Università Milano – Bocconi
Marcello de Cecco ha dato importanti contributi alla storia economica del periodo chiave che va dal 1890 al 1914. In questo intervento si riprendono in modo sintetico, e con un implicito riferimento alle problematiche attuali, i temi dell’assetto monetario internazionale, della dinamica del debito pubblico in periodo di recessione e della definizione di un modello di sviluppo applicabile ad un paese come l’Italia.
I saggi di interesse sono la variabile cruciale nell’economia italiana
Salvatore Biasco – Università Roma – Sapienza
L’intervento segue l’aumento dei tassi di interesse dopo l’accordo di governo. Fa vedere quanto fosse dannosa per vari settori dell’economia anche quella che sembrava essere una fiammata temporanea. Col varo della finanziaria non è più solo una fiammata. Lo scopo dell’analisi è di cogliere, su piccola scala, le sequenze che si potrebbero avere, su scala parossistica, se si uscisse dall’euro. Anche in quel caso, il livello cui si porterebbero i tassi di interesse è il perno su cui ruotano le conseguenze. Se ne fa una stima e si segue l’incontrollabile dinamica che farebbe seguito.
Le crisi bancarie
Marcello Luberti – Università di Napoli
Vengono date definizioni macroeconomica e microeconomica di crisi bancaria. Si effettua un confronto tra la Crisi Bancaria negli USA e le crisi di alcune banche in Italia nel periodo 2013-17. Ci si sofferma sulle cause esogene e endogene, in generale, delle crisi. Cenni sulla gestione delle crisi nel passato. Alcuni spunti sulle crisi bancarie dopo l’entrata in vigore della BRRD.
Istituzioni, economia e il Premio Marcello De Cecco
Ignazio Visco – Governatore della Banca d’Italia
Dopo aver ricordato che il Premio Marcello De Cecco per il 2018 è assegnato a un lavoro che coniuga storia e attualità per mostrare la rilevanza del malcontento nei confronti dell’immigrazione nel determinare il risultato del referendum sull’uscita del Regno Unito dall’Unione europea, l’intervento discute i grandi cambiamenti di questi anni: ossia, oltre all’immigrazione e ai fattori demografici, quelli relativi alla globalizzazione e al progresso tecnologico. Ne esamina i successi in termini di forte riduzione della povertà assoluta e i fallimenti collegati soprattutto al fatto che “il dividendo della pace” connesso con la fine della Guerra Fredda non è stato equamente distribuito. Questi sviluppi, che generano diffuse preoccupazioni per il futuro, non possono essere compiutamente analizzati solo nell’ambito di modelli economici astratti, ma va considerato il ruolo dei fattori sociali e politici, quali i rapporti tra lavoro, impresa, Stato e mercati. Ai mercati, in particolare, il nostro paese si rivolge per collocare, ogni anno, titoli per circa 400 miliardi. Se da un lato è evidente per l’Italia la necessità di sostenere la crescita dell’occupazione e delle imprese, anche mediante investimenti pubblici e privati e favorendo l’innovazione, è altrettanto evidente l’importanza di avere una strategia credibile di riduzione del nostro elevato debito pubblico.
È stata l’immigrazione a causare la Brexit?
Max Viskanic – Sciences Po, Parigi
L’impatto dell’immigrazione sulla Brexit è ambiguo: l’immigrazione recente ha contribuito al voto in favore della Brexit, ma in modo non determinante per l’esito del voto, mentre l’immigrazione storica ha contribuito al voto contrario alla Brexit.
Una esperienza di Governo
di Pier Carlo Padoan (ex Ministro dell’Economia e delle Finanze)
Sessione 3
Dopo il terremoto: per una strategia permanente di ricostruzione e sviluppo
Fabrizio Barca – ex Ministro per la coesione territoriale
La rilevanza dei problemi economici è decisiva per la stessa nascita del diritto. Quando gli interessi economici mutano, il diritto tende inevitabilmente a cambiare. La rilevanza degli interessi globali su quelli nazionali ha portato alle regole di austerità, alla riduzione dei vincoli normativi sui mercati finanziari e i mercati del lavoro, alla cessione di potere delle assemblee legislative a favore di organismi tecnici non eletti. L’attuale populismo, la sfiducia dei cittadini nei confronti delle classi dirigenti, nasce dalla difficoltà di conciliare i diritti nazionali e le dinamiche economiche globali.
Grandi imprese e declino italiano
Ugo Pagano- Università di Siena
Il capitalismo italiano del dopoguerra è caratterizzato, da un lato, da un ampio settore di grandi imprese pubbliche che garantiscono una radicale separazione fra proprietà e controllo, dall’altro da imprese a conduzione familiare: del tutto marginale il modello in cui a gestire le imprese private sono persone capaci diverse dai proprietari. In assenza di un’adeguata riforma del governo societario, le privatizzazioni hanno paradossalmente ribadito il ruolo centrale delle imprese pubbliche.
Le due Italie
Daniel Cavasino – Università Federico II di Napoli
L’Italia ha approcciato celermente alla produzione just-in-time, consentendo l’emersione della Terza Italia e la riconversione della Prima. Mentre queste parti del paese hanno teso verso un modello comune, la Seconda Italia è rimasta ostaggio di condizioni strutturali zavorranti.
Eterogeneità delle imprese e stagnazione
Alessandro Arighetti – Università di Parma
Fabio Landini – Università di Parma
La stagnazione dell’industria manifatturiera italiana non è un fenomeno omogeneo che interessa tutte le imprese. Il declino della produttività è in realtà la risultante di un effetto composizione tra performance d’impresa molto differenziate. L’eterogeneità ha origine nella diversa reazione delle imprese a incentivi economici e istituzionali fortemente divergenti.
Il declino italiano e la sostenibilità del debito pubblico
Gennaro Zezza – Università di Cassino
Sergio Cesarotto – Università di Siena
Nel nostro intervento forniamo evidenza empirica sulle diverse fasi della crescita economica italiana, interpretate come esito di conflitti sociali. Discutiamo il ruolo della domanda aggregata e della precarizzazione del lavoro sulla produttività. Infine, discutiamo delle strategie per rendere sostenibile il debito pubblico italiano.
Le radici storiche del declino economico italiano
Emanuele Felice – Università G. D’Annunzio Chieti-Pescara
L’Italia declina per ragioni di lungo periodo: bassi livelli di istruzione, un sistema pubblico e una morfologia d’impresa poco orientati all’innovazione nei settori di frontiera, un insieme di regole del gioco poco adatte a competere nell’era del capitalismo globale.
La trasformazione dell’industria aerospaziale italiana (1969-2007)
Matteo Landoni – Università Cattolica del Sacro Cuore
Nel declino del sistema delle partecipazioni statali, un settore – quello aerospaziale – è riuscito a mantenere la presenza italiana sulla frontiera tecnologica trasformando il proprio assetto nei confronti dello stato e internazionalizzandosi.
Tecnocrazia pubblica e classi dirigenti nello sviluppo economico italiano
Armando Vittoria – Università Federico II di Napoli
Vincenzo Alfano – Università Federico II di Napoli
In che misura la politica della contrattazione nel pubblico impiego ha valorizzato l’impiego statale e la burocrazia aziendale pubblica? Questo lavoro mira a rispondere alla domanda analizzando i dati sui dipendenti pubblici tra il 1964 ed il 1993.